Non dormiamo più: il sonno è una malattia della società iperconnessa

 

Negli ultimi anni, la medicina del sonno ha registrato sostanziali avanzamenti, da cui provengono importanti indicazioni sugli effetti della carenza di sonno

Stando alla definizione più stringente, la medicina del sonno è il ramo della clinica medica che si occupa dell’inquadramento diagnostico e del trattamento dei disturbi del sonno. Sebbene dormire occupi dalla metà (nel tempo dell’infanzia) a circa un terzo del nostro tempo quotidiano, lo studio scientifico del sonno è relativamente giovane, essendosi costituito progressivamente a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. In parallelo all’evoluzione del percorso scientifico, si è progressivamente diffusa l’ipotesi che le nuove tecnologie, accomunate dalla disponibilità capillare dell’illuminazione artificiale, abbiano peggiorato la regolarità del sonno dell’uomo.

Le conseguenze sulla salute generale di tale riduzione di sonno appaiono con tutta la loro rilevante portata. Un’alterazione significativa dei bioritmi associata alla contrazione del sonno è stata infatti associata negli ultimi anni ad un aumentato rischio, ad esempio, di sindrome metabolica e disturbi di interesse psichiatrico. La sindrome metabolica è costituita da un insieme di fattori – quali obesità, dislipidemia, intolleranza glucidica, ipertensione arteriosa – che a loro volta innalzano il rischio di eventi gravi dal punto di vista cardiovascolare. I meccanismi che, dai disturbi legati al sonno, conducono in ogni ambito verso lo sviluppo della patologia rappresentano oggi l’oggetto di intense ricerche. Nonostante la rilevanza di tali studi per delineare da un lato il ruolo del sonno nell’equilibrio dell’intero organismo e dall’altro i meccanismi biologici che conducono alla disfunzione, tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che la regolarità del ritmo sonno/veglia abbinata alla buona qualità del sonno costituiscono i presupposti fondamentali per l’acquisizione di un livello soddisfacente di salute fisica e psichica. I legami tra sonno e salute mentale sono di grande interesse per la clinica e per la ricerca in ambito biomedico. Le difficoltà nell’addormentarsi, i continui risvegli notturni, i risvegli anticipati o la sensazione soggettiva di fatica associata ad un sonno notturno scarsamente ristoratore costituiscono elementi cardine della valutazione psichiatrica.

Nel novero dei sintomi riferiti da pazienti che attraversano una fase di malessere acuto sul versante della propria salute psichica, quelli inerenti la qualità del sonno costituiscono spesso la lamentela chiave. Tali sintomi sono caratteristici di innumerevoli quadri clinici, dai disturbi psicotici come la Schizofrenia a disturbi dell’umore quali la Depressione Maggiore Ricorrente o i Disturbi dello spettro bipolare. Il rapporto tra l’alterazione del sonno – che più raramente può presentarsi come ipersonnia – e disturbi mentali è ricco e articolato. Secondo alcune evidenze, i disturbi del sonno precedono la comparsa del disturbo conclamato, costituendo di fatto un primo segnale di allarme. Se l’alterazione sia maggiormente intrinseca al disturbo nascente o catalizzatrice della trasformazione nella persona che sviluppa un disturbo mentale resta ad oggi incerto. Ciò che, nuovamente, vede concordi tutti gli specialisti di questo ambito è che un controllo adeguato del sonno in età scolare e nell’adolescenza riduce il rischio di sviluppare sintomi di tipo psichiatrico nella giovane età adulta. Senza scomodare le diagnosi cliniche più gravi ed impegnative, vale la pena ricordare che in quest’ambito si includono anche condizioni più lievi ma assai diffuse, quali attacchi di panico o somatizzazioni. In ambito più strettamente neurologico, alcuni disturbi specifici (REM Sleep Behaviour Disorder o Restless Leg Syndrome) sembrano insorgere anticipatamente rispetto alla comparsa di malattie neuromotorie conclamate quali il morbo di Parkinson.

Il rapporto tra l’alterazione del sonno e disturbi mentali è ricco e articolato. Secondo alcune evidenze, i disturbi del sonno precedono la comparsa del disturbo conclamato, costituendo di fatto un primo segnale di allarme

Da questo punto di vista, tali disturbi – peraltro a volte osservati come effetti collaterali di trattamenti farmacologici di forme cliniche ansiose e depressive – possono essere considerati segnali precoci di malattie neurodegenerative. Appare dunque evidente come un’adeguata diagnostica sonnologica sia necessaria a livello di salute pubblica anche per l’inquadramento precoce di forme cliniche associate ad elevata disabilità. L’integrazione effettiva dei centri di Medicina del Sonno con i servizi psichiatrici risulta ad oggi piuttosto limitata.

Sebbene il sonno, come detto, costituisca un elemento fondamentale dei disturbi mentali, dal punto di vista strumentale la sonnologia si basa su tecniche neurofisiologiche d’indagine che trovano più largo impiego nella clinica neurologica. Questa scomposizione delle competenze, più che a fondamenti di tipo scientifico, è legata a motivi di ordine storico dei rapporti tra neurologia e psichiatria, che esulano ampiamente dai confini italiani. Il sonno costituisce uno degli innumerevoli elementi di contatto tra la clinica psichiatrica e quella neurologica, due discipline che si occupano di disturbi complessi, che tali sono perché derivano in modo diretto da anomalie di funzionamento del cervello, il sistema biologico più complesso che l’uomo conosca. Da questo punto di vista, il progresso delle conoscenze sul sonno costituisce uno degli elementi di potenziale saldatura tra le diverse aree delle neuroscienze cliniche.

L’ultimo decennio ha visto una progressiva crescita in Italia come in Europa dei centri clinici specializzati sui disturbi del sonno. Sul territorio italiano se ne contano diverse decine, distribuiti da Nord a Sud in modo capillare. La specializzazione progressiva del settore sembra fondamentale anche nell’ottica di indirizzare delle adeguate politiche legislative. A titolo esemplificativo, il Decreto Legge n. 9 del 22 dicembre 2015 si allinea alle normative europee ponendo divieto di rilascio/rinnovo della patente a “candidati o conducenti affetti da disturbi del sonno causati da apnee ostruttive notturne” per i quali i trattamenti non riescono a controllare i sintomi diurni. È infatti ampiamente dimostrato come questa sindrome possa determinare forme talmente gravi di sonnolenza durante il giorno da costituire un rischio elevato per la guida di veicoli. La conoscenza del sonno e i cambiamenti che questa potrà indurre sulla società sono ancora certamente da iscrivere in una fase iniziale. Un autorevole studio recente, condotto all’interno di diverse popolazioni preindustriali, sembra ad esempio sovvertire l’idea che il sonno nell’era moderna sia stato influenzato dalla luce artificiale. A fronte di un numero di ore di sonno equiparabile al nostro, le persone studiate non sembrano presentare i medesimi disturbi. Gli autori concludono che la variabile più significativa possa essere la temperatura ambientale, soggetta in natura a grandi variazioni ma armonizzata ad un livello di confortevolezza nelle nostre abitazioni. Per quanto sembri difficile pensare di ripristinare le condizioni climatiche naturali nelle abitazioni dell’era post-moderna, si può quantomeno ridurre la crescente demonizzazione dei computer e device che sempre più spesso ci accompagnano al sonno.

Fonte: https://www.linkiesta.it/it/article/2016/02/22/non-dormiamo-piu-il-sonno-e-una-malattia-della-societa-iperconnessa/29359/

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