In una scuola romana ai bimbi viene imposto un esercizio di “autocorrezione dei testi scolastici”, ultima frontiera del politicamente corretto in salsa boldriniana. Il cruccio di certe femministe: “Nei problemi di aritmetica solo la mamma va a fare la spesa, mai il papà”
Siamo circondati. Razzismo e sessismo ovunque. Anche nei libri di testo, quindi occorre modificarli. Anzi a farlo devono essere i bambini, a cui viene di fatto imposto un esercizio di “autocorrezione dei testi scolastici”. Fantascienza, realtà futuribile nei sogni di certi pasdaran “boldriniani”? No, pratica effettivamente vigente nelle scuole italiane del 2017 e raccontata sul Fatto Quotidiano.
Del resto, come avevamo fatto a non pensarci prima: “I libri di testo, strumento didattico fondamentale nelle scuole di ogni ordine, veicolano, in modo più o meno esplicito, contenuti sessisti o razzisti“, spiega Giusy Cicciò, socia di Dalia, acronimo di Donne Autodeterminate e Libere in Azione, l’associazione che ha portato il progetto “a che genere giochiamo” in una scuola elementare di 250 bambini.
L’obiettivo è eradicare pregiudizi e stereotipi razzisti e sessisti o presunti tali, a costo appunto di riscrivere i libri di testo, pratica storicamente nefasta, secondo i dettami insindacabili del politicamente corretto. “Molto spesso nei problemi di aritmetica solo la mamma va a fare la spesa, mai il papà“, è il fondamentale cruccio che muove un’altra fautrice dell’iniziativa.
Gli immigrati, pur rappresentando l’8 della popolazione, sono responsabili del 40% delle violenze sessuali? “La violenza sulle donne non è imputabile a fattori sociali o di nazionalità ma è un problema culturale Per prevenirla – spiega ancora l’educatrice – è fondamentale un intervento precoce, andando a parlare direttamente dai bambini della scuola primaria”. Costringendoli a “interrogarsi sul perché, nelle illustrazioni, sono quasi sempre presenti uomini mentre le femmine sono relegate in trafiletti laterali”. Lapidario il commento di Matteo Salvini su Facebook: “Lavaggio del cervello su bimbi di 6 anni. Che pena”.