L’essenziale è “invisibile” agli occhi

Nella quotidianità flessibile e globalizzata, all’interno della quale anche le identità professionali diventano sempre più identità “glocal”, esiste una porzione di risorse umane tagliate fuori dal mondo del lavoro, risorse umane “invisibili”.

Si tratta di giovani che hanno difficoltà a trovare un’occupazione, lavoratori anziani che perdono l’impiego e devono riqualificarsi. Lavoratori oggetto di pregiudizio come i disabili, il cui inserimento lavorativo è un vero e proprio percorso a ostacoli, nonostante strumenti teorici e normative o come le donne, alle quali si precludono spesso avanzamenti di carriera, dove anche un solo errore non viene perdonato.

L’auspicato processo di capacitazione e auto-capacitazione -che risulta essenziale tanto per un inserimento lavorativo duraturo quanto, più in generale, per una solida inclusione sociale- trova attualmente un ulteriore pesante ostacolo nella crisi occupazionale.

Da un lato, l’offerta di lavoro è andata diminuendo, seguendo sempre più i criteri economicistici della produttività e dell’efficienza; dall’altro lato, i servizi di collocamento hanno, a loro volta, subìto una contrazione delle risorse destinate all’inserimento lavorativo, trovandosi di fronte al complesso compito di mediazione e soddisfazione secondo le nuove esigenze delle aziende.

Nasce, così, la necessità di un altro tipo di intervento che miri all’ascolto e alla creazione di un “dialogo sociale”. Ed è proprio dall’ascolto di risorse umane appartenenti alle sopraccitate categorie che si sedimentano livelli di significazione della pratica lavorativa intesa come schiavitù, povertà, svalutazione professionale e discriminazione.

Nel passato è stata molto forte la coscienza di appartenere a una comunità e ciò ha reso le persone sicure delle proprie radici e della collaborazione altrui. Oggi manca tutto questo. Le cosiddette “generazioni senza lavoro”, sono il risultato di quanto possa contare il lavoro e pesare la sua assenza. Nel nostro paese tocchiamo cifre pari al 32,7% di disoccupazione giovanile e circa 2,1 milioni di Neet fra gli under 30.

Il lavoro conta perché diventa una modalità per ri-socializzarsi e ri-stabilire l’appartenenza alla comunità. Per usare le parole di Saint-Exupéry ne Il piccolo Principe “L’essenziale è invisibile agli occhi”, è proprio quell'”essenziale”che deve essere reso “visibile”. Non bisogna dimenticare che dietro le statistiche e dietro un lavoratore, c’è un essere umano con motivazioni, bisogni e orientamenti di carriera; variabili non visibili, tuttavia fondamentali. In questa logica, occuparsi delle persone in qualità di lavoratori e seguirli in un percorso di gestione della carriera, significa aumentare la possibilità di occupazione e umanizzazione del rapporto tra “risorsa umana” e mercato del lavoro, restituendo la “voce” a chi fino a ora è stato emarginato dalla sfera pubblica.

Iniziare a fare del lavoro un’opportunità e non una privazione, significa, in definitiva, riappropriarsi dei fondamenti della Costituzione, secondo cui l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

(Questo post di Fondazione G. Feltrinelli è a cura di Concetta Papapicco, laureata in Psicologia delle risorse umane, dottoranda di ricerca in Scienze delle Relazioni Umane e Isabella Quatera, docente e formatrice, esperta in gestione di interventi e processi d’inclusione, disability e diversity manager, dottoranda di ricerca in Scienze delle Relazioni Umane)

Fonte: https://www.huffingtonpost.it/il-lavoro-conta/l-essenziale-e-invisibile-agli-occhi_a_23444999/

LE PIANTE CI PARLANO
Entrare in sintonia con il linguaggio segreto della natura per ritrovare se stessi
di Stefania Piloni

Le Piante ci Parlano

Entrare in sintonia con il linguaggio segreto della natura per ritrovare se stessi

di Stefania Piloni

Un manuale alla scoperta delle piante e di ciò che provano.

L'Autrice Stefania Piloni apre le porte al mondo della natura, in un viaggio unico ed emozionante attraverso la storia, i benefici e i sentimenti delle piante. 

All’interno del libro

  • Piante che piangono, come agrifoglio e cicoria, che madre natura ci dona per lenire il dolore fisico ed emozionale
  • Piante che sognano, come Ashwagandha, capace di curare il sonno nell’Ayurveda
  • Piante che pregano, come il cipresso, ricche di storia sacra e millenaria
  • Piante che tremano, come pulsatilla e gelsomino, che sanno leggerci nel cuore, a fior di pelle
  • Piante che amano, con una storia mitologica legata all’amore...

E molte altre da riscoprire!

Da sempre le piante sono compagne e maestre dell’uomo nel suo viaggio sulla Terra.

In un bosco, in un prato, in una foresta non siamo mai davvero soli: gli alberi ci guardano, i fiori ci annusano, le foglie ci sfiorano, senza che ce ne accorgiamo.

In Le piante ci parlano, Stefania Piloni ci insegna a ricucire un forte legame con la natura, imparando a guardare ogni fiore più piccolo e ogni gemma più nascosta con rinnovata consapevolezza e curiosità.

Grazie alla classificazione su base emozionale e non botanica, scopriamo di condividere con la natura un mondo sotterraneo di emozioni. Come salici, anche noi impariamo che la grazia dell’amore non si ottiene con la forza ma con la resa; come foglie di Clematis, torniamo a essere sognatori a occhi aperti; come le betulle, signore del bosco, ci sentiamo forti nella tempra del legno.

Un libro che è un viaggio senza tempo fra tigli e cipressi, mandorli e castagni, uva spina e salvia, per tornare ad ascoltare la voce della natura.

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