La funzione spirituale della Bellezza

Si dice che sia bello ciò che piace, ma non è così.

La Bellezza, se è realmente tale, non è affatto ciò che incontra i nostri gusti soggettivi; essa è al contrario la manifestazione fisica e percepibile della verità. Platone affermava non a caso che “la Bellezza è lo splendore del Vero“. La Bellezza è l’espressione delle strutture oggettive del cosmo e delle sue leggi eterne.

Tutto ciò che è “bello”, lo è in quanto incarna un certo aspetto del Verbo, ossia dell’energia creatrice originaria: ciò che i testi sacri definiscono semplicemente lo “Spirito del Dio Vivente”. Nell’armonia delle forme che possiamo osservare quando ammiriamo un paesaggio, un albero, la maestosità di un animale selvaggio o un’autentica opera d’arte, si manifesta un Archetipo: un codice energetico primario da cui ha origine un certo aspetto del mondo fisico. Questo codice energetico, è la frequenza spirituale, da cui trae origine una forma del mondo materiale.
La Bellezza, è un ponte tra Spirito e Materia. Cogliere la Bellezza nelle cose che ci circondano, significa cogliere la Presenza del Divino nel mondo, la forma incarnata dello Spirito, l’unità di Cielo e Terra.

Non mi interessa qui profondermi in una complicata, quanto sterile, descrizione filosofica e concettuale di cosa sia un Archetipo. Nell’esperienza, esso è quel qualcosa che riconosciamo intuitivamente e che sentiamo provvisto di un valore profondo, universale, in grado di farci provare un senso di commozione che ci riporta a noi stessi e alla profondità della nostra Anima.

Quando guardiamo la luna piena risplendere nel mezzo dell’oscurità di un cielo notturno, vediamo la Bellezza. Ma lo spettacolo della luna piena nel cuore della notte ha una nota di fondo -una vibrazione-, che è presente anche nella Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven; si tratta di una sensazione struggente che ha il sapore dell’eternità, e di una quieta e solenne nostalgia: essa è  certamente presente anche nei versi di Leopardi. Questo qualcosa, è un Archetipo. Come vogliamo chiamarlo? Divina Nostalgia? Ciò che conta è che l’Archetipo è tale in quanto è un codice primario (ciò che Platone chiamava “Idea”) che esprime la frequenza di fondo comune a tutti gli aspetti della realtà che risuonano con il medesimo Archetipo. Così la malinconia di un paesaggio, di una musica, di una poesia, e la stessa emozione di malinconia che proviamo talvolta nella nostra vita, sono espressioni del medesimo Archetipo. Lo stesso vale per quella Forza di cui sono espressione il simbolo del dio Marte, la tigre che si slancia sulla preda, un pugile all’apice del combattimento e i primi verso dell’Iliade che descrivono “l’ira di Achille”.

Tutto ciò che esprime un Archetipo, ossia un codice primario della creazione, è Bello in senso oggettivo. Anche un ballerino che esegue con grazia le sue figure, o un matematico che svolge con precisione le proprie equazioni, manifestano l’armonia e la giustizia delle leggi invariabili del cosmo. È qualcosa che sentiamo: quando ci emozioniamo di fronte alla Bellezza, stiamo entrando in risonanza con la frequenza di un Archetipo, di un’Idea universale. Non è invece “bello” in senso oggettivo ciò che è la semplice espressione di un vissuto personale. Se mi limito a lamentarmi perché ho perso il lavoro, o se compongo una musica violenta e caotica che esprima la mia rabbia, sto parlando solo della mia storia personale; se trasformo quel vissuto in un discorso, una musica o un quadro in grado di esprimere il senso universale del fallimento e della disfatta, allora sto parlando del cosmo, e sto producendo Bellezza oggettiva.

Non è solo un fatto emotivo o psicologico, è un fatto energetico. Contemplare la Bellezza della Natura o delle Opere dell’uomo (quando sono portatrici di autentica Bellezza) può e deve essere una vera e propria meditazione, una terapia vibrazionale, che ci porta a contatto con il Regno dello Spirito, da cui le Frequenze degli Archetipi irradiano e discendono nel mondo fisico. Contemplare la Bellezza è simile alla preghiera: è un’esperienza che attiva i Chakra superiori e genera un collegamento tra Anima e personalità, tra il Regno dello Spirito e il Regno della Materia. Così come in ogni momento possiamo pregare per metterci in contatto con il Divino, in ogni momento possiamo scegliere di esporci alla Bellezza e lasciarci aiutare dalla sua vibrazione risanatrice a rientrare in contatto con la nostra essenza. La nostra stessa Anima infatti è una scintilla divina, un Verbo in miniatura, in grado di ricevere ed emettere le frequenze degli Archetipi dello Spirito. La Bellezza è dunque il linguaggio dell’Anima e dedicare tempo alla Bellezza, è una pratica di riconnessione, di ricordo di Sé.

Di seguito, alcuni spunti pratici:

-ricordiamoci di noi stessi, nel momento in cui la vista di qualcosa di bello ci colpisce

-ogni volta che possiamo, optiamo per luoghi e situazioni che ci espongano alla Bellezza oggettiva; quando abbiamo tempo rechiamoci in un museo, ascoltiamo musica di alta qualità, passeggiamo in mezzo alla natura

-impariamo a distinguere tra bellezza soggettiva e Bellezza
oggettiva. Esempio: la differenza tra una canzonetta che passa alla radio per
un’estate perché ha un ritmo gradevole e un testo accattivante, e una sinfonia
di Mozart che attraversa i secoli

-chiediamoci quale Archetipo esprima la Bellezza di un paesaggio o di un’opera d’arte e cerchiamo di definirlo con una parola

-cerchiamo di sentire la qualità energetica di un paesaggio o un’opera d’arte e proviamo poi a tradurla in una poesia, un breve scritto, un disegno o un movimento del nostro corpo che siano ispirati dalla medesima vibrazione

Fonte: https://alessandrobaccaglini.com/la-funzione-spirituale-della-bellezza/

ERBE SPONTANEE COMMESTIBILI
di Riccardo Luciano, Carlo Gatti

Erbe Spontanee Commestibili

di Riccardo Luciano, Carlo Gatti

Le erbe spontanee commestibili sono un vero e proprio forziere di sapori e aromi utile per mille ricette salutari e gustose.

Un libro che si presenta da solo, con un titolo semplice ed accattivante per invogliare il lettore a leggerlo e rileggerlo, a considerarlo come un manuale da cui poter attingere informazioni utili e concrete. Bastano un po' di attenzione e qualche nozione in più, per scoprire il variegato universo delle erbe commestibili, preziose tanto care in cucina, quanto in farmacia e nella cosmesi. Questa nuova edizione, che ricalca la precedente nelle linee essenziali, ha in più maggiori dettagli descrittivi, più fotografie per analizzare meglio i particolari e l'elencazione dei luoghi in cui la pianta è presente. Sono state aggiunte inoltre importanti nuove piante mangerecce fra le quali l'asparago dei boschi, il lampagione, il famoso raperonzolo e relative nuove ricette.

Negli ultimi anni si è osservato un crescente e vivo interesse per la raccolta ed il consumo delle erbe spontanee, quali ingredienti di insalate, minestroni, frittate oppure ripieni per ravioli ed altro ancora. Molte persone, per diversi motivi, si sentono attratte dalla possibilità della raccolta fai da te delle erbe selvatiche. Da un lato vi è la soddisfazione personale per aver trovato alcune piantine da raccogliere e non solo per il loro aspetto estetico, ma anche per una certa utilità (alimentare in questo caso); dall'altro in alcune persone vi è la ferma convinzione che le piante selvatiche siano più ricche in vitamine, sali minerali e principi attivi rispetto alle piante normalmente coltivate, aspetto questo che però non è scientificamente provato. In effetti la raccolta delle erbe e dei frutti spontanei ha un certo fascino e soprattutto, l'aspetto appagante, è che si raccoglie qualcosa che serve e che potrebbe tornar utile. Non è poi da sottovalutare la componente del divertimento e della raccolta all'aria aperta quale passatempo rilassante.

La raccolta delle piante spontanee per scopi alimentari prende il nome di Phytoalimurgia = Fitoalimurgia, che letteralmente significa "alimenti vegetali spontanei raccolti dall'uomo in momenti di carestia". Nella società attuale, la fitoalimurgia riveste ruoli ben diversi rispetto a quelli del passato: non più necessità alimentare legata a momenti di carestia quando l'agricoltura era solo agli albori, adesso è interesse per i prodotti naturali. Le corrette conoscenze fitoalimurgiche, se proficuamente indirizzate alla conoscenza della flora e della vegetazione, rendono possibile l'individuazione e la conservazione dell'enorme potenziale genetico (germoplasma) delle specie spontanee. Si tratta quindi di un approccio estremamente positivo. L'aspetto inderogabile, da cui non si può prescindere, è la necessità di conoscere perfettamente le piante che si vogliono raccogliere, la conoscenza non è un optional: è una necessità vitale. La scelta dell'aggettivo "vitale" è espressamente voluta: una semplice ed apparentemente "innocua" insalata o frittata può dare esiti mortali, se si è raccolta la pianta sbagliata.

E' bene ricordare che tutte le piante (insalata compresa) contengono migliaia е migliaia di principi attivi e, nel caso si trattasse di una pianta tossica, non esiste in commercio antidoto specifico (se non in pochissimi casi). Nella maggior parte delle intossicazioni, la terapia ospedaliera che viene praticata al paziente è soltanto sintomatica ed i medici cercano di sostenere le funzioni vitali dell'organismo, nella speranza che il paziente reagisca e si ristabilisca. In pratica questo è lo spirito con cui è stato scritto e voluto questo libro: cercare di descrivere in modo semplice, lineare e rigoroso, alcune piante spontanee in Italia che abbiano oppure abbiano avuto nel passato interesse alimentare e nel contempo mettere in evidenza errori in cui potrebbe cadere l'incauto raccoglitore. Quindi, se da un lato può essere piacevole "andar per erbe selvatiche", si deve d'altro canto prepararsi con uno studio accurato, non improvvisarsi esperti. E' indispensabile affidarsi a persone che conoscano veramente le erbe, magari anche solo col nome dialettale, ma le conoscano davvero.

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