La coscienza sopravvive alla morte fisica

di Giorgio Cozzi

Il cardiochirurgo Pim Van Lommel espone in un libro appassionante le ragioni scientifiche che inducono a rispondere a un antico dilemma: la coscienza non è un’emanazione del cervello

La storia del dr. Pim Van Lommel è singolare: inizia con una carriera clinica classica, all’interno della quale incontra fatti concreti di NDE (Near Death Experience), che lo spingono a effettuare ricerche sperimentali sulle persone che hanno vissuto la morte cerebrale e hanno ripreso a vivere; quindi si documenta sulle indagini neurofisiologiche più recenti, approfondisce la fisica subatomica e si convince che la coscienza sopravvive alla morte, diventando spiritualista convinto.

Arriva pertanto agli stessi valori e ai principi di chi crede nell’aldilà, avendo compiuto prima un lungo e approfondito viaggio nella scienza tradizionale e nelle discipline più evolute, per cercare la conferma di quanto le sue stesse sperimentazioni gli stavano indicando.

In realtà quando era cardiochirurgo in ospedale si trovò a fronteggiare una situazione drammatica: un paziente collegato al monitor evidenziava un arresto cardiaco. Scattò subito l’intervento col defibrillatore, senza successo, poi fu tentata un’altra manovra col defibrillatore, somministrazione di ossigeno e infine con un farmaco per endovena, mentre le infermiere praticavano il massaggio cardiaco. Dopo quattro minuti di totale incoscienza le operazioni di rianimazione ebbero successo e il paziente si riprese. Lo staff si sentì sollevato e felice per il buon esito dell’operazione, ma il paziente appariva scontento. Raccontava di un tunnel, di colori, di luce, di un luogo bellissimo e di una musica e non sarebbe voluto tornare nel corpo. E il paziente era van Lommel.

Il dr. George Richtie, dopo un'esperienza di NDE, ha scritto "Ritorno dall'aldilà".

Il dr. George Richtie, dopo un’esperienza di NDE, ha scritto “Ritorno dall’aldilà”.

Fu attraverso questa esperienza diretta che egli volle approfondire eventi di cui aveva sentito parlare e iniziò a documentarsi, leggendo, fra gli altri, l’esperienza vissuta da George Ritchie quando era ancora studente in medicina. Aveva avuto una polmonite doppia e aveva sperimentato una morte clinica, tanto da venire coperto da un lenzuolo dal medico che aveva accertato la morte (cessazione del respiro e del battito cardiaco). Poi un infermiere convinse il medico a praticare un’iniezione di adrenalina, procedura insolita a quei tempi, e dopo nove minuti George riprese a vivere, raccontando la sua esperienza nel periodo di totale incoscienza. Aveva vissuto una NDE completa. Diventò psichiatra e scrisse appunto un libro su questa materia e tenne conferenze agli studenti, tra cui Richard Moody, autore a sua volta di un libro che è il punto di riferimento mondiale delle NDE (La vita oltre la vita).

Quarant’anni di indagini

Il campo delle NDE viene studiato da quarant’anni d’anni e indagato con sempre maggiori dettagli, raccogliendo una ricca casistica di eventi vissuti in punto di morte che evidenziano percorsi simili, sia nell’esperienza raccontata da coloro che sono “ritornati” alla vita, sostanzialmente uguale in tutte le culture, sia nelle conseguenze successive a livello personale.

COSCIENZA OLTRE LA VITA La scienza delle esperienze di premorte di Dr. Pim Van Lommel Il merito di Van Lommel, successivamente seguito da altri, è stato di affrontare la tematica non solo a posteriori, empiricamente, bensì impostando sperimentazioni scientificamente corrette e correlandole con gli esiti di altre ricerche su tematiche simili o complementari.
Un lavoro corposo che ha documentato nel suo libro Coscienza oltre la vita e che lo ha spinto a promuovere la conoscenza maturata nei più diversi ambienti per sensibilizzare a prendere consapevolezza dell’importanza delle implicazioni per la vita umana e sociale.

In grande sintesi si parla di NDE quando un soggetto cessa di avere un’attività cerebrale e successivamente, in un tempo che può variare da persona a persona, riprende sorprendentemente a vivere, o spontaneamente o in seguito a manovre per recuperare le funzioni vitali. Solo che nel frattempo, dalla morte fisica a, per così dire, alla rinascita, vive un’esperienza cosciente che è in grado di raccontare dettagliatamente, talvolta con particolari di situazioni e colloqui avvenuti ad esempio in sala operatoria anche se in coma profondo e quindi impossibilitato a usare, secondo le nostre conoscenze, i sensi di percezioni.

Casi tutti simili, al di là di età, cultura, fede, etnia…

Tra i tanti casi di NDE raccolti nel testo, spicca il caso di una puerpera che in sala parto nota una grande agitazione e capisce che qualcosa non va per il verso giusto. Subito dopo si ritrova ad una certa altezza e vede il corpo di una donna sotto di lei (il suo!), su cui si stanno adoperando medici e ostetriche in preda al panico. In terra tanto sangue.

Raymond Moody, il primo medico ad aver indagato sulla NDE.

Raymond Moody, il primo medico ad aver indagato sulla NDE.

Con pressioni sulla pancia riescono a far nascere il bambino che viene subito portato in un’altra stanza. Nell’agitazione e nella costernazione delle infermiere il cuscino che reggeva la testa viene tolto e lei (dall’alto) nota lo sbattimento e prova turbamento, sentendosi attratta subito dopo da un tunnel scuro in cui si infila, avvertendo immediatamente pace e serenità, sostenuta da colori bellissimi e suoni meravigliosi. All’esterno una luce straordinaria e una figura di luce che le viene incontro e che le porge la mano accompagnandola al centro della luce, mano nella mano. Poi questa si stacca e se ne va. Lei si sente tirata indietro e nota dsll’alto che una infermiera la schiaffeggia con violenza e grida il suo nome. Ritornata alla realtà, vorrebbe tornare indietro a quello stato sublime che ha sperimentato.

L’esperienza, pressoché simile in tutti i casi di NDE, consiste in una sorta di distacco della coscienza dal corpo che viene visto dall’alto, in uno stato di pace e benessere, l’entrata in un tunnel,  alla fine del quale appare una luce, l’incontro con figure parentali e talvolta con un essere di luce, in un ambiente dove si sente una grande armonia. A un certo punto la persona deve decidere se rimanere o andare e il rientro è sempre dichiarato come doloroso: esso avviene di colpo, come se corpo e la sua percezione riprendessero a funzionare.

Fino a poco tempo fa i pazienti avevano una certa riluttanza a parlare dell’esperienza vissuta, a causa dell’atteggiamento di rifiuto dei medici, per cui si aveva nozione solo dei casi raccontati, senza avere un’idea di quante persone abbiano vissuto fino ad oggi quella fase, serbata poi soltanto nella loro memoria.

Proprio per questo Van Lommel e altri hanno sviluppato ricerche prospettiche andando a sondare chi si è trovato in quelle circostanze per rilevare se si era o meno presentata una NDE, ciò che favoriva la socializzazione dell’esperienza e un’accurata analisi.

La classificazione di Moody
In prima istanza Van Lommel ha utilizzato la classificazione di Moody per identificare le NDE, che qui sintetizziamo nella categorie principali.

  1. la componente cognitiva, che comprende la perdita del senso del tempo, l’accelerazione dei pensieri, la revisione panoramica della propria vita, la precognizione e l’accesso alla conoscenza universale;
  2. la componente affettiva, che include la sensazione di pace, di beatitudine, di unità cosmica e la percezione di una luce brillante, ma non accecante, e di un senso di infinito amore e accettazione;
  3. la componente paranormale, alla quale vengono ricondotti una capacità potenziata di udire e vedere, la consapevolezza di eventi remoti nello spazio e e nel tempo, le premonizioni o le visioni profetiche e l’esperienza extracorporea;
  4. Dopo la componente  trascendentale (che sarebbe più corretto definire trascendente), che comprende il viaggio in un mondo ultraterreno, l’incontro e la comunicazione con esseri di luce e persone defunte, la percezione di un essere mistico, il raggiungimento di un confine
Lo psicologo Kenneth Ring.

Lo psicologo Kenneth Ring.

Dopo Moody, anche il suo collaboratore Kennet Ring (insieme hanno fondato l’Ass. IANDS, The International Association for Near-Death Studies) tracciò anche le fasi che in sequenza caratterizzano le NDE:

  1. la fase affettiva, associata alle sensazioni di pace assoluta, calma, rilassamento e beatitudine (presente nel 60% dei casi studiati da Ring);
  2. la fase dell’abbandono del corpo, che si accompagna alla cessazione di ogni sofferenza e alla visione dall’alto del proprio corpo, percepito come staccato e separato da sé, e alla chiara percezione di ciò che avviene intorno ad esso (rianimazione, dialoghi dei presenti ecc.). Questa esperienza è riferita dal 37% dei soggetti;
  3. la fase dell’arrivo in un ambiente scuro, di solito (ma non sempre) associato a sensazioni piacevoli (23%);
  4. la fase dell’arrivo in una luce straordinariamente intensa, ma non accecante, spesso attraverso un tunnel. La luce infonde un senso di amore incondizionato e di totale accettazione (16%);
  5. la fase della sperimentazione di un’atmosfera ultraterrena di incredibile bellezza, dove si sentono musiche meravigliose e si possono incontrare amici o familiari defunti. Talvolta a questo punto avviene la life review, il resoconto retrospettivo della propria vita  o l’anticipazione di eventi futuri (flashforward). A questo punto, si deve tornare indietro, con grande disappunto (10%).

Studi retrospettivi e studi prospettici

Van Lommel oltre a descrivere in dettaglio ciò che rilevato negli studi retrospettivi, ha anche elaborato studi prospettici, andando a contattare persone che sono state in coma e arresto cardiaco raccogliendo le loro testimonianze, individuando quelle che rispettavano i canoni della NDE. Intervistando circa 500 persone, Van Lommel e colleghi sono riusciti a classificare 62 possibili NDE, da superficiali a molto profonde, analizzando poi diverse variabili per accertare congruenze e identificare possibili cause.

Più del 50% delle persone avevano avuto consapevolezza di essere morte, il 30% aveva sperimentato una OOBE (Out of the body experience) e un incontro con parenti, un quarto si era mosso in un tunnel, aveva comunicato con una luce, aveva anche percepito colori o passaggio celestiale, alcuni avevano avuto una visione panoramica della vita e percepito la presenza di un confine.

Gli interessati (i sopravvissuti) sono stati successivamente contattati a distanza di tempo e coloro che avevano avuto una NDE si dimostrarono più propensi a parlarne di chi non l’aveva vissuta. Ciò consentì di confrontare le conseguenze di un evento significativo per tutti i 550, ma molto più incisivo e influenzante per i 62 che avevano avuto un’esperienza NDE. Ad esempio questi ultimi presentarono un incremento nel mostrare emozioni, accettare gli altri, essere più affettuosi ed empatici, comprensivi, coinvolti nella famiglia. Tra le conseguenze del vissuto NDE appariva anche una più ampia comprensione dello scopo e del senso della vita, maggiore interesse verso la spiritualità, minore paura della morte, maggiore credenza della sopravvivenza. La maggior parte aveva anche una migliore accettazione di sé e un apprezzamento delle cose semplici.

I dati confermano quanto era già apparso nell’esperienza in questo campo: dalla NDE si esce in qualche modo arricchiti e profondamente cambiati, dando anche conferma, a posteriori, dell’importanza e della “realtà” dell’esperienza di premorte vissuta. Potremmo anche dire che essa è una modalità che sviluppa autocoscienza e che per quanto drammatica in sé appare come un’espansione della coscienza, come un’evoluzione spirituale.

NDE, un evento reale, che non può essere spiegato dalla scienza

Van Lommel ha confrontato lo studio olandese con altre ricerche svolte in USA e in Gran Bretagna, rilevando che le percentuali di NDE rispetto al numero di arresti cardiaci erano affini: non esisteva una spiegazione fisiologica per la NDE, dato che l’arresto cardiaco comporta la perdita di tutte le funzioni vitali. Le ricerche fanno quindi escludere che il vissuto della NDE sia stato provocato da cause fisiologiche o mediche (come l’anossia), psicologiche (come la paura della morte) e farmacologiche (legate ai farmaci).

“Fummo particolarmente sorpresi di rilevare che i fattori medici non riuscivano a spiegare il verificarsi della NDE”, scrve Van Lommel. “Tutti i pazienti dello studio erano clinicamente morti e solo una piccola percentuale di essi riferiva uno stato di coscienza ampliata con pensieri lucidi, emozioni, ricordi, e a volte percezione di un punto al di sopra e al di fuori del proprio corpo senza vita”.

La mente (la coscienza?) è non-locale, quindi non è un’emanazione del cervello.

Avendo accertato e sperimentato la NDE come evento reale, si apre un mondo di possibilità su come avvenga tale fenomeno, ben sapendo che contraddice i principi della fisica classica (e del mondo razionalmente definito) che regge i paradigmi attuali della scienza sperimentale.

Per dare una risposta, Van Lommel ha esplorato le ricerche condotte sul cervello e  suo  funzionamento, soprattutto quando l’arresto cardiaco impedisce ogni attività cerebrale, rilevando che non è al cervello in quanto tale che si possa far risalire l’esperienza NDE.

Trae  spunto dalle ricerche più recenti di Neuroimaging sul cervello per mettere in evidenza nuove conoscenze che si stanno sviluppando sul suo funzionamento, sino ad arrivare a confermare una sorta di neuroplasticità che può essere innescata sia attraverso processi fisiologici (neuroni che coprono funzioni in sostituzione di altri), sia per mezzo di stati particolari di coscienza (ad esempio la meditazione ), atti di volontà o atteggiamenti mentali.

La coscienza, un’unterfaccia del cervello

Van Lommel allarga poi l’orizzonte di osservazione dei fenomeni NDE approfondendo i principi della meccanica quantistica, concentrando l’attenzione particolarmente sul concetto, dimostrato, di “non località” estensibile alla coscienza. “Alcuni studi prospettici e molti retrospettivi della NDE hanno dimostrato che i vari aspetti di una NDE corrispondono o sono analoghi ad alcuni dei principi fondamentali della teoria quantistica, come la non-località, l’entanglement, e lo scambio di informazioni istantaneo in una dimensione senza tempo e senza spazio”, sostiene Van Lommel, individuando un possibile ipotesi nel tentativo di spiegare la coscienza.

Spingendosi ancora più in là, sulle teorie che vanno emergendo, grazie anche agli strumenti più evoluti di cui si dispone (PET, MRI, ecc.), e integrando diverse prospettive nel considerare coscienza e cervello, Van Lommel arriva alla convinzione che la coscienza sia un interfaccia del cervello e che come tale possa influire su di esso, così come sia possibile staccarsene in modo non-locale, sia nelle esperienze di OOBE che nelle NDE (in cui l’OOBE è spesso una componente ricorrente). In questo senso anche all’atto della morte effettiva del corpo, la coscienza come sistema potrebbe sopravvivere in una dimensione immateriale che Van Lommel chiama “coscienza infinita” e che riferisce non solo al momento drammatico che genera la NDE, bensì anche a stati modificati di coscienza superiore (illuminazione, esperienza religiosa, espe

L'aldilà in una scena del film "Hereafter", in cui la protagonista (Cécile de France) vive una NDE.

L’aldilà in una scena del film “Hereafter”, in cui la protagonista (Cécile de France) vive una NDE.

rienza, mistica, ecc.).

Le conoscenze che si stanno acquisendo sulla NDE, unite alla considerazione su una coscienza non-locale, induce a pensare che occorre cambiare la nostra immagine del mondo e la nostra percezione della vita, sviluppando consapevolezza che nella mente i processi creativi possono trasformare le potenzialità in migliori realtà.

Fonte: https://www.karmanews.it/17921/la-coscienza-sopravvive-alla-morte-fisica/

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