In che condizioni arriva il grano estero utilizzato per fare la pasta italiana

È un servizio realizzato dai giornalisti di Presa Diretta (Rai 3).Riassume la maledizione del grano estero che viene usato dalle multinazionali della pasta.

In che condizioni arriva il grano estero utilizzato dalle multinazionali della pasta italiane

Grano che arriva da altri paesi e addirittura continenti, che percorre migliaia di chilometri e resta per mesi nelle stive delle navi accumulando umidità, muffa e quindi tossine.

Questo avviene perchè il “made in Italy non esiste più”, come afferma un trasportatore nel servizio che vi mostriamo di seguito.

Le tossine presenti nel grano ammuffito sono chiamate aflatossine. Le aflatossine sono tossiche se vengono ingerite in funzione sia della quantità ingerita, dell’ età della persona che le ingerisce e le sue condizioni di salute. Nel caso di queste tossine  abbiamo una molecola che è considerata, nella scala delle molecole ad elevata tossicità cancerogenica, la molecola cancerogena naturale col più alto livello di tossicità.

Sembra abbastanza chiaro quindi che più il grano proviene da un posto vicino (il cosiddetto chilometro zero) e meno probabilità ha di produrre muffa, e quindi di essere attaccato da queste tossine pericolose. Ma come ben sappiamo in Italia il chilometro zero è quasi del tutto svanito.

Ma che fine fa il grano prodotto in Italia? Come mai importiamo tutto questo grano nonostante siamo uno dei maggiori produttori a livello mondiale?

Come si evince dal servizio mostrato di seguito è tutta una questione di business internazionale atto a far guadagnare le multinazionali.

In pratica le multinazionali acquistano  il grano duro italiano sottopagando i nostri agricoltori, lo accumulano nei porti  in vista di possibili aste fatte da alcuni paesi stranieri, lo rivendono traendone un elevato margine di profitto e poi importano il grano estero sotto costo per produrre la pasta che etichettano come made in Italy, e che ci fanno pagare ad un prezzo elevato. Geniale vero?
Il problema è che a rimetterci è sempre il consumatore finale, sia “di tasca” che di salute.

Di seguito mostriamo il servizio sopra citato realizzato dai giornalisti di Presa Diretta (Rai 3).Riassume la maledizione del grano estero che viene usato dalle multinazionali della pasta. Buona visione.

Fonte: https://www.jedanews.com/grano-estero-tossico/

MASANOBU FUKUOKA - L'AGRICOLTURA DEL NON FARE
La vita e la filosofia di colui che ha rivoluzionato il nostro rapporto con la natura e l'agricoltura.
di Larry Korn

Masanobu Fukuoka - L'Agricoltura del non Fare

La vita e la filosofia di colui che ha rivoluzionato il nostro rapporto con la natura e l'agricoltura.

di Larry Korn

Forse nessuno come Masanobu Fukuoka ha dato prova di come un'agricoltura contadina, senza macchine, basandosi solo sulla natura, possa essere l'unica vera attività ecologista, capace di risanare la terra.

Col suo metodo, che ha chiamato agricoltura naturale o "del non fare", ha sfidato l'agricoltura industriale dimostrando che l'uomo con le sue sole mani, un falcetto e poco più, è in grado di battere in produttività le macchine, i concimi chimici, i diserbanti, le varietà scientifiche e tutte le multinazionali agroalimentari, con costi quasi nulli e quindi praticando prezzi al pubblico più bassi dei supermercati e producendo alimenti di una qualità praticamente irraggiungibile da qualsiasi altro metodo.

Il volume documenta le radici del pensiero di Fukuoka (l'agricoltura giapponese e indigena, la permacultura, il biologico) e le sue prime applicazioni teoriche e pratiche.

Ricco di aneddoti personali, di riferimenti storici e di proposte concrete, questo libro è anche una guida per scelte più sostenibili non solo in agricoltura ma nella quotidianità di ciascuno di noi.

Un'agricoltura rivoluzionaria

Coloro che ne hanno sentito parlare e hanno letto i suoi libri hanno avuto la sensazione di trovarsi davanti alla proposta ecologica più rivoluzionaria.

Fra loro moltissimi lo hanno cercato, letto e ascoltato, alcuni hanno provato a mettere in pratica le sue lezioni, pochi ci sono riusciti e sono diventati dei punti di riferimento essenziali (il più importante è Panos Minikis in Grecia) ma diversi hanno rimandato l'impegno a una futura propria conversione e a un più radicale cambiamento di vita.

La differenza fra quella di Fukuoka e gli altri tipi di agricoltura biologica è che la sua capovolge radicalmente i pilastri della modernità. Eppure a guardare bene si riduce a poche cose: avvolgere i semi in palline di argilla, impiantare trifoglio nano nei campi di grano, dopo la battitura del grano ributtare nel campo tutta la paglia, mietere a mano e battere con una piccola macchina a pedale, disegnare dei campi di mille metri quadrati, seminare ortaggi come piante selvatiche...

Queste semplici azioni, anche se capaci di grandi risultati, non bastano a sfamare l'ansia che abbiamo di combattere quelli (multinazionali ecc.) che stanno facendo più male alla natura.

Schiavi della tecnologia

Siamo cresciuti nella civiltà della tecnica, nella prostituzione alla tecnica, che coincide con la mancanza di cultura diretta, sostituita da manuali di funzionamento. Non abbiamo identità e siamo pronti a buttar via l'ultima tecnica utilizzata non appena ce n'è un'altra che crediamo (ma siamo creduloni abbagliati da perline) più efficiente e moderna.

Come figli del XX secolo siamo abituati a passare molto tempo assorbiti da macchine di metallo e plastica che sono diventate il nostro ambiente, abbiamo difficoltà a dare un'importanza esistenziale, alimentare alla natura, che riusciamo solo a concepire come panorama, al massimo col vetro tirato giù.

L'agricoltura naturale impone di uscire dalla dipendenza meccanica, di trasformare i semplici atti di seminare, mietere manualmente (solo oche ore di lavoro fisico in un anno), spargere la paglia, in modi d'essere, restando fedeli alla loro semplicità. Verso il tramonto della sua vita, Fukuoka si è dedicato con tutte le forze alla lotta contro la desertificazione avanzante.

Grazie al suo impegno milioni di palline di argilla sono state sparse, anche con l'utilizzo di aerei, in zone semidesertificate della Grecia.

Dopo gli ultimi immensi incendi dei boschi, è apparso chiaro che questo modo di semina è il più a buon mercato e insostituibile là dove si tratta di rinverdire grandi estensioni di territorio.

La filosofia del non fare

Ma il messaggio più forte di Fukuoka è stato proprio quello del non fare, di staccare dalla modernità e riscoprire la mancanza di valore di questa corsa al progresso, di guardare alla natura come opera di Dio, come forma della sua volontà e provvidenza.

Il sorriso rimasto sul suo volto dopo la morte non è solo pienezza ma anche incoraggiamento per noi che restiamo.

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