Giudici, perché non vi ribellate alla prigione?

Non è colpa dei magistrati se le leggi sono ingiuste, e non è colpa dei magistrati se i loro ordini di arresto e le loro sentenze rinchiudono le persone in un luogo infame. Perché questo è il carcere: un luogo infame, di sopraffazione, di abbrutimento, di violenza. Un luogo di morte, frequentemente. L’atto di giustizia che irroga la pena del carcere non determina unicamente la privazione della libertà, perché a questa privazione si aggiunge quel carico di afflizione supplementare: il vivere in spazi malsani e sovraffollati, l’esposizione al sopruso, la negazione di diritti che la nostra società garantisce già agli animali. Condannare al carcere significa condannare a tutto questo. E appunto: non è colpa del magistrato se ci sono comminazioni che una politica diversa potrebbe abrogare, così come non è colpa sua se esse si realizzano sulla pelle dei condannati in quella forma incivile. Ma una cosa nessuno, e dunque nemmeno il magistrato, può dire: che non sia vero o che non si sappia che la realtà del carcere è perlopiù quella. Ci si potrebbe domandare come faccia a prendere sonno serenamente chi sa che la propria decisione di giustizia infierisce con tanta violenza sulla vita di una persona, condannandola non solo alla mancanza della libertà ma all’immondizia di quella segregazione. Ci sarà ben qualcuno cui tutto questo ripugna, no?

Ci sarà ben qualcuno preso dall’angoscia, dal rimorso, dalla rivolta, davanti alla certezza che il suo provvedimento affiderà chi ne è vittima a quel dispositivo di degradazione. E allora come mai non sentiamo mai da nessuno venire questo lamento? Tanto spesso si rivendica in favore dei magistrati, e tanto spesso alcuni di loro rivendicano, il diritto di opinione su qualsiasi faccenda di giustizia, un diritto che si esercita ormai su ettari di interviste e quotidianamente nel corso di applauditissime trasmissioni televisive. Ma da quelle tribune non viene mai quel lamento, quella protesta. Mai che si dica: siamo obbligati ad applicare la legge del carcere, ma non ci piace, ci fa orrore, e desidereremmo tanto che i nostri provvedimenti non arrecassero tanta ingiusta sofferenza. Perché non lo dicono? Perché non adoperano il diritto di opinione, che pure rivendicano ed esercitano senza sosta, per far sapere ai cittadini e a chi fa le leggi che loro non ne possono più di dover mandare la gente in quel carnaio?  Eppure li abbiamo visti e sentiti, in più occasioni, manifestare la loro indignazione verso leggi a loro giudizio sbagliate. In quelle occasioni si è trattato di comportamenti sostanzialmente sediziosi ed eversivi, mentre qui sarebbe tutt’altro perché la situazione del carcere, nonché ingiusta, è anche illegale. E denunciarla facendo sapere che è intollerabile essere costretti a mandarci la gente, spesso anche prima del processo, rappresenterebbe un omaggio di legalità oltre che un segno di vigore civile. Non compete ai magistrati il miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti. Ma il miglioramento potrebbe venire se i magistrati usassero la loro influenza (diciamolo: il loro potere) per reclamare una amministrazione della giustizia meno ingiusta.

Fonte: https://www.ilriformista.it/giudici-perche-non-vi-ribellate-alla-prigione-13317/

I QUATTRO ACCORDI —
Guida pratica alla libertà personale. Un libro di saggezza tolteca
di Don Miguel Ruiz

I Quattro Accordi —

Guida pratica alla libertà personale. Un libro di saggezza tolteca

di Don Miguel Ruiz

Gli esseri umani vivono in un perenne stato di sogno. Sognano quando il cervello dorme, ma anche quando è sveglio. Hanno saputo creare un grande sogno esteriore, il "sogno della società", costituito da innumerevoli sogni personali, familiari e di comunità. Questo sogno esteriore possiede una grande quantità di regole che ci sono state inculcate fin dalla nascita. Abbiamo così imparato come comportarci in una data società, cosa credere, cosa è bene e cosa è male, bello o brutto, giusto o sbagliato.

Non abbiamo scelto queste credenze e queste regole; ci siamo nati e le abbiamo apprese secondo un processo di "addomesticamento" in cui le informazioni sono passate dal sogno esteriore a quello interiore, andando a formare il nostro personale sistema di credenze.

A questo punto non c'è più bisogno di "istruttori" esterni, giacché diventiamo noi stessi i nostri giudici. Tutto ciò che crediamo su noi stessi e sul mondo rientra in quel sogno interiore, che tuttavia ci è giunto dall'esterno e che ci impedisce di vederci per come siamo veramente.

In questo illuminante volume, don Miguel Ruiz ci rivela la fonte delle credenze autolimitanti che ci privano della gioia e che creano inutili sofferenze. Basato sull'antica saggezza tolteca, I quattro accordi offre una valido codice di condotta che può rapidamente trasformare la nostra vita in una nuova esperienza di libertà, di vera felicità e di amore.

I libri di don Miguel Ruiz hanno venduto 9 milioni di copie e sono stati tradotti in 34 paesi.

"Se avete letto I quattro accordi, sapete che ogni volta che qualcuno parla di voi parla di se stesso, e io penso che sia la pura verità."

Bill Clinton

"Il libro di don Miguel Ruiz è una mappa verso l'illuminazione e la libertà".

Deepak Chopra

"Nella tradizione di Castaneda, Ruiz distilla l'essenza della saggezza tolteca; esprime con chiarezza e impeccabilità cosa significa vivere da guerrieri di pace nel mondo moderno".

Dan Millman

 

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