Dieci consigli per alleggerire lo stress lavorativo

Lo stacanovismo fa male alla salute. Il decalogo per alleggerire lo stress

Ritmi di lavoro prolungati influiscono su mente e corpo con effetti deleteri per la propria salute. Ecco come mettersi al riparo dai rischi

Stacanovisti siete avvisati, lavorare troppo fa male alla salute. Esempio lampante ne è proprio Aleksej Stachanov, lavoratore-modello nell’Urss degli anni ’30: dopo essere diventato un simbolo politico per le sue performance lavorative nelle miniere sovietiche e aver dato il nome all’omonimo movimento morì, probabilmente anche a causa della fatica accumulata, proprio per un infarto. Ma il benessere del cuore non è l’unico a logorarsi con una dose eccessiva di lavoro. Insonnia, depressione, problemi fisici gravi o cronici: tutti sintomi dell’eccesso di fatica e stress che la vita lavorativa comporta e che rischia di risucchiare il dipendente in una spirale da cui è difficile tirarsene fuori. Ma quali sono le cause che provocano tutto questo malessere? In un mondo lavorativo volatile che segue regole obsolete tutto è non determinabile ma frenetico: i ritmi di lavoro sono prolungati, l’ansia di sovrastare i colleghi prende il sopravvento e l’incapacità di superare feedback negativi agisce sull’idea di carriera che si frantuma insieme alle elevate aspettative. E a risentirne è la salute: lo conferma anche la scienza che con una ricerca pubblicata sulla rivista Lancet dimostra come lavorare più di 55 ore alla settimana accresce il rischio di ictus del 27% e di sviluppare una malattia cronica del 13%. E non è solo il fisico a risentirne, ma anche la mente. Secondo una ricerca della Melbourne University dopo i 40 anni è bene lavorare solo 25 ore alla settimana. È infatti emerso che, indistintamente uomini e donne, hanno difficoltà a concentrarsi e il calo della produttività è più che evidente. E se in Svezia la giornata tipica è di 6 ore giornaliere, secondo lo studio condotto dalla University College London il lavoro extra può in casi estremi, uccidere. Pericoli concreti dunque, non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico: il risultato è quello di sentire che la vita si stia letteralmente consumando, sconfinando in uno stress senza fine. Quante sono dunque le ore che il lavoratore può sopportare senza pagarne le conseguenze? Stando a uno studio dell’Australian National University Research School of Population Health, la soglia massima è di 39 ore settimanali.

Il decalogo anti-stress

Ma come affrontare al meglio i ritmi frenetici senza farsi travolgere? La soluzione è trovare spazi di decompressione, iniziando dalle piccole cose, come smettere di mangiare di fronte al pc o non pranzare affatto, per arrivare alle grandi e complesse come cambiare prospettiva mentale e imparare a convivere con la pressione dei nostri tempi con cui tutti ci dobbiamo misurare ed essere in grado di commutare la velocità e il caos da anomalia a normalità. Ecco il decalogo della master coach Marina Osnaghi per alleggerire lo stress lavorativo.

  1. SOSPENDI LE ATTIVITÀ Non lavorare al pc nei 90 minuti precedenti al momento di andare a dormire perché lo schermo, la luce e la pressione di terminare ‘svegliano’ il cervello
  2. LIBERA LA MENTE Ci sono momenti in cui non devi lavorare ma lasciar spazio a nuove idee: illustri personaggi del passato hanno prodotto le loro invenzioni nell’inattività
  3. VIVI LA TUA CREATIVITÀ In essa risiede la più grande fonte di soddisfazione personale perché ci prendiamo del tempo per fare ciò che ci piace
  4. FERMATI Ogni volta che senti arrivare stress, paura, preoccupazione o panico inizia a respirare profondamente. Manda il respiro in ogni parte del corpo, specialmente dove senti tensione
  5. DECOMPRIMI e pianifica la tua personale cura Detox: gestisci lavoro e riposo in maniera differenziata e pianifica anche tempi di inattività
  6. UTILIZZA IL FEEDBACK di riconoscimento, che ti obbliga a concentrarti sul positivo ed utilizzare il problema per migliorare senza accanirsi sulla mancanza di soluzione
  7. METTI IL FOCUS SULLA SOLUZIONE Se vivi evitando fallimento e guai ti concentri sulla cosa sbagliata: devi concentrarti sulla cosa migliore da fare
  8. SEMPLIFICA Quando le cose si complicano fermati e cerca una modalità più semplice: nelle cose complicate si nasconde parte del problema
  9. CONSAPEVOLIZZA la ‘realtà sostenibile’. Se c’è un’aspettativa c’è anche il rischio di disattenderla quindi successo e fallimento vanno accettati come parte dell’esistenza
  10. TRASFORMA LA PROSPETTIVA DEL PROBLEMA in gestione del limite, tuo e degli altri. La realtà è fatta di limiti come di opportunità: vanno gestite entrambe contemporaneamente e senza perdere di vista la possibilità di soluzione.

Il peccato del non fare

“È un peccato il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto”.
Winston Churchill

Fonte: http://www.businesspeople.it/Lavoro/decalogo-stress-lavoro-105529

GLI SPECCHI ESSENI
Il codice per interpretare la mappa della tua vita
di Giovanna Garbuio

Gli Specchi Esseni

Il codice per interpretare la mappa della tua vita

di Giovanna Garbuio

Giovanna Garbuio ci offre quattordici potenti strumenti di conoscenza, conosciuti come gli "specchi esseni": un interessante schema di indagine che ci può venire in aiuto per interpretare la realtà, grazie a quello che riflettiamo negli altri, permettendoci di riscoprire chi siamo e perché accade ciò che accade.  

Secondo la teoria degli specchi esseni la realtà, che viviamo come qualcosa di altro da noi stessi, reagisce a come siamo. Il mondo che percepiamo all'esterno è solo una proiezione di come siamo al nostro interno e quello che osserviamo in un altro individuo è solo il riflesso di ciò che proviamo per primi nei confronti di noi stessi.

Dato che tutto ciò che ci accade nella vita è solo una proiezione della nostra interiorità, risulta molto efficace utilizzare ogni situazione, ogni accadimento esterno come un'indicazione per comprendere meglio noi stessi.

La realtà fuori di noi infatti serve semplicemente per indicarci quei lati del nostro carattere, quelle angolazioni della nostra personalità e quegli aspetti del nostro inconscio che ci ostiniamo a non voler vedere, continuando a non riconoscerli come nostri.

L'autrice dimostra che il mondo che percepiamo lì fuori è solo una proiezione di come siamo "dentro".

Quello che osserviamo in un altro individuo è il riflesso di ciò che proviamo per primi nei confronti di noi stessi. Pertanto l'incontro con l'altro, percepito come qualcosa di diverso da sé, rappresenta in realtà un incontro con se stessi, perché l'altro non è che il riflesso di ciò che di noi stessi a livello oggettivo non riusciamo a percepire.

In base a come siamo ed eventualmente a come cambiamo, la realtà è costretta ad adeguarsi.

Il problema è che finché non sappiamo chi siamo, quel che ci accade nella vita è completamente fuori controllo, al punto da far sembrare che il meccanismo alla base dell'evoluzione della realtà sia esattamente l'opposto di ciò che è.

"Non è necessario che tu cambi niente di te, non devi diventare qualcuno di diverso da quello che sei e soprattutto non è necessario che impari nulla di più di quello che già sai".

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