Bambini buttati nell’immondizia: perché no?

di Francesca Romana Poleggi

È divenuta virale l’immagine che mostra un padre che butta la figlioletta nel cassonetto, perché era prematura. Tutti si indignano quando i bambini vengono gettati  nei cassonetti dei rifiuti.

Le immagini sconvolgenti stanno girando sui social, dopo che il quotidiano spagnolo El País le ha diffuse.  La “colpa” della creatura era di essere nata prematura, ad appena otto mesi. Il padre, che vive nella città di Xuanwei, nel sud della Cina, deve aver pensato che i bambini non perfetti si buttano via (soprattutto le bambine, femmine), alla stregua dei rifiuti. Tra l’immondizia, in mezzo agli scarti, a oggetti sporchi e inutili era finita anche la figlioletta e solo l’intervento di un’anziana signora ha salvato la piccina da una sicura morte. I genitori (ma si possono definire tali?) hanno tentato di difendersi dicendo che la bimba era nata con difficoltà, per questo avevano pensato di buttarla via anziché portarla all’ospedale.

I nostri Lettori sanno bene che 70 anni di materialismo comunista, in Cina, ha ridotto il grado di rispetto della dignità umana vicino allo zero assoluto: i soggetti socialmente più deboli (a cominciare dai lavoratori) vanno sopraffatti e sfruttati fino alla morte, se serve. In particolare, negli ultimi 30 anni, l’ideologia materialista e utilitarista rinverdita dalla “apertura al mercato” di Deng Xiao Ping, si è accanita contro i bambini, con la crudele politica del figlio unico che oggi è rimasta tal quale, anche se è relativamente più facile ottenere il permesso di nascita per un secondo figlio.

Ma la Cina è lontana… O no?

Quanti bambini si ritrovano nei rifiuti nel nostro opulento e democratico Occidente?

Le “culle per la vita”, moderne ruote degli esposti, fortemente volute dalla tenacia e dalla santità di Giuseppe Garrone e Mario Paolo Rocchi, sono state istituite appositamente.

Ma perché?

Perché non si possono buttar via gli esseri umani non graditi? Perché sono neonati e strillano? E prima della nascita, invece, se ne può fare disporre a piacimento perché non strillano? E perché non si possono buttar via, se tutto sommato si possono vendere (v. utero in affitto)?

Una persona è una persona perché strilla? O perché “fa” qualcosa in particolare, o perché “è” qualcuno?

Tutti gli esseri umani sono meravigliosamente diversi, uno dall’altro: cosa hanno tutti in comune tutti? Il DNA umano. Che si acquisisce al momento della fecondazione.

Se usiamo un altro elemento, per distinguere chi è persona da chi non lo è,  commettiamo una selezione arbitraria. Oppure ammettiamo che “qualcuno” ha il potere di decidere chi è persona e chi no?  

E se possiamo buttar via l’essere umano concepito, non vedo perché non possiamo buttar via quelli più grandi, che sono anche più ingombranti.

Articoli di Francesca Romana Poleggi

Fonte: https://www.notizieprovita.it/notizie-dal-mondo/bambini-buttati-nellimmondizia-perche-no/

DI TROPPA (O POCA) FAMIGLIA
Radici e zavorre: una mappa per raggiungere la libertà
di Ameya Gabriella Canovi

Di Troppa (o Poca) Famiglia

Radici e zavorre: una mappa per raggiungere la libertà

di Ameya Gabriella Canovi

Famiglia” sembra una parola semplice, condivisa.

Tutti noi ne impariamo il significato da piccoli, e tutti ci diremmo in grado di darne una definizione. Ma è davvero così?

In questo secondo libro, la psicologa Ameya Canovi torna per parlarci del concetto di “famiglia” in tutte le sue diverse sfaccettature. Famiglia come il luogo o, a volte, il non luogo in cui, che ci piaccia o no, dove accade tutto. Anche nella sua assenza.

La famiglia che può essere talmente ingombrante da allagare, con il suo presunto affetto, tutti i suoi membri. Le famiglie a trama stretta, che non permettono ai componenti di allontanarsi. O, di contro, quelle a trame larghe e disconnesse, quando troppa poca presenza fa sì che venga a mancare il senso della coesione, e la famiglia diventa assenza, fisica o emotiva, di chi la costituisce.

La famiglia come luogo in cui si custodiscono i segreti, e in cui ogni membro, pur di farne parte, sottoscrive un patto di lealtà silente. E, ancora, famiglie tradizionali e nuove famiglie, le cosiddette famiglie “arcobaleno”, di cui si sa ancora così poco.

Conoscere e ricostruire la propria storia familiare

Per scoprire le proprie eredità emotive e la presenza di traumi transgenerazionali, il modo in cui ci relazioniamo al nostro corpo, che deriva da come siamo stati accompagnati a conoscerlo, così come il nostro rapporto col cibo, il denaro, la religione, le persone.

Senza dimenticare che, qualunque siano la nostra storia e le nostre radici, è sempre possibile fare un bilancio delle ferite e trasformarle in risorse.

Nel volume si alterneranno parti teoriche, testimonianze e “fotografie”, cioè flash e cenni di svelamento della stessa storia familiare dell’autrice. Inoltre, alle parti teoriche verranno alternati casi clinici di storie familiari; ad alcuni capitoli seguiranno domande guida alla riflessione, per invitare i lettori a una breve autoindagine.

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